Perché Instagram può favorire il drive-to-store
Dal 2010 a oggi, in soli nove anni, Instagram, un social network semplice, basato solamente sull’immagine e la possibilità di lavorare con le foto scattate direttamente coi nostri smartphone, ha conquistato tutto il mondo.
Secondo l’ultimo Global Digital Report di We Are Social e Hootsuite, i dati relativi all’audience pubblicitaria della piattaforma mostrano che la performance positiva è stata costante fino al 2019, con una crescita di oltre il 4%, negli ultimi tre mesi di analisi, di utenti attivi: globalmente hanno raggiunto gli 895 milioni, con un incremento di oltre 38 milioni profili nel quarto trimestre 2018 rispetto, ad esempio, ai 18 milioni di quelli di Facebook nello stesso lasso di tempo.
La crescente popolarità di Instagram tra i marketer non è dovuta solo a questi dati positivi: la piattaforma, infatti, vanta anche un profilo di pubblico equilibrato, con una pressoché equa ripartizione, a livello globale, tra donne e uomini e un’età media più giovane di Facebook, grazie a una maggiore incidenza nella fascia di età compresa fra i 18 e i 34 anni, anche se con un numero totale di utenti inferiore in questa stessa fascia di età rispetto a Facebook. Vale la pena notare che i dati più recenti suggeriscono che i consumer brand hanno ancora del lavoro da fare quando si tratta di coinvolgere il proprio pubblico su Instagram, dove nella classifica dei primi venti profili most followed è presente un solo marchio di consumo, Nike, con le restanti posizioni dominate da celebrità dello spettacolo o dello sport. Tuttavia siamo di fronte a una potenziale rivoluzione nella comunicazione per chi si occupa di moda: basti pensare che l’hashtag #fashion è il nono più usato su Instagram negli Stati Uniti e il ventesimo in Italia. E ci sono alcune maison che considerano già Instagram un importante mezzo di comunicazione.
Tra i brand più instagrammati nelle sfilate più recenti, infatti, troviamo Gucci, Fendi e Versace a Milano, Chanel, Balmain e Christian Dior a Parigi, Alexander McQueen, Burberry e Topshop Unique a Londra, la collezione di Rihanna per Puma, Ralph Lauren e Diane Von Fürstenberg a New York. C’è inoltre chi decide di presentare la collezione direttamente sul social, come Tom Ford che ha optato per un video con Lady Gaga come protagonista, o McQ, seconda linea di McQueen, che posta gli scatti di tre giovani fotografi.
Tramite i device mobile i consumatori si informano e si preparano a fondo sui prodotti e servizi che intendono acquistare. Soprattutto tramite le app mobile gli utenti si lasciano incuriosire e tentare dall’acquisto di specifici prodotti e servizi. E gli influencer sono le principali fonti di informazione sui gusti e sugli abbinamenti di moda che i giovani usano per scegliere prodotti e brand.
Cosa significa tutto questo per il centro ottico indipendente, che di moda e design riempie vetrine e scaffali quotidianamente? È evidente che Instagram – così come altri social media o piattaforme, YouTube e Facebook, ad esempio, e gli strumenti di messaggistica come WhatsApp, ecc – offre enormi possibilità in ambito di vendite e acquisti, favorendo il cosiddetto drive to store, ossia la capacità di portare, tramite i canali digitali, gli utenti nei negozi fisici e stimolarli ad acquistare prodotti in essi.
In un’ottica di relazione digitale, poi, possiamo pensare anche a una revisione e modernizzazione dell’attuale e-commerce, che assume una forma prevalentemente mobile o completamente integrata nei canali social: una delle ultime sfide si chiama Checkout e l’ha annunciata Instagram per consentire di fare acquisti senza uscire dalla app.
Un suggerimento, quindi, per i centri indipendenti: raccontate anche voi la vostra storia, il pubblico è lì per ascoltarla.
[articolo di Letizia Melchiorre, apparso su B2Eyes Magazine 7/2019]
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